
Il Narcotraffico in Colombia
di Ilyas Kebbabe

Introduzione
La Colombia ha giocato un ruolo storico centrale nel narcotraffico, soprattutto dagli anni '70 con l'affermazione dei grandi cartelli di Medellín e Cali. Questi gruppi definirono la struttura organizzativa e i metodi di traffico internazionale, creando un vero e proprio impero economico e criminale.
Lo Stato colombiano ha investito in ampie campagne di pacificazione, riforma e collaborazione internazionale, ottenendo risultati modesti e non privi di illegali di coca e conflitti con comunità indigene e contadine.
Le origini del Narcotraffico
Negli anni '60 e '70, il narcotraffico colombiano era inizialmente legato alla marijuana, coltivata principalmente lungo le coste e venduta negli Stati Uniti. Tuttavia, il vero boom arrivò con il commercio della cocaina, una sostanza più redditizia, più facile da trasportare e con una domanda in costante crescita nel mercato nordamericano ed europeo. La posizione geografica della Colombia, con accesso sia all'oceano Pacifico che ai Caraibi, la rese un punto strategico per il traffico internazionale.
La Nascita dei Cartelli
A partire dagli anni '70, nacquero i primi grandi cartelli del narcotraffico.
Tra i più famosi abbiamo:
Cartello di Medellin
Guidato da Pablo Escobar, è stato uno dei più violenti e potenti gruppi criminali della storia. Escobar riuscì a costruire un vero e proprio impero, controllando circa l'80% della cocaina mondiale e arrivando persino a farsi eleggere deputato. Celebre la sua strategia del "plata o plomo" (soldi o piombo), con cui corrompeva o uccideva chi si opponeva ai suoi affari.
Cartello di Cali
Diretto dai fratelli Gilberto e Miguel Rodríguez Orejuela, era invece meno appariscente ma altrettanto potente. Preferiva operare attraverso la corruzione sistematica e il riciclaggio di denaro, infiltrandosi profondamente nella politica, nell'economia e nei media.

Pablo Escobar:Il Re della Cocaina
Pablo Escobar è stato il simbolo del narco-potere. Ricco, spietato e carismatico, costruì interi quartieri per i poveri di Medellín e si presentava come un benefattore del popolo. Ma dietro questa immagine si nascondeva uno dei criminali più pericolosi del XX secolo, responsabile di migliaia di morti, attentati dinamitardi, corruzione a tutti i livelli e destabilizzazione dello Stato. Dopo anni di caccia, venne ucciso il 2 dicembre 1993 in un'operazione congiunta tra le forze colombiane e la DEA statunitense.
Il ruolo dell'FBI e della DEA
La DEA (Drug Enforcement Administration) e, in misura minore, l'FBI, hanno avuto un ruolo centrale nella guerra al narcotraffico in Colombia. Fin dagli anni '70, gli Stati Uniti hanno collaborato strettamente con il governo colombiano, fornendo intelligence, addestramento, armi e fondi.
Questa collaborazione si è intensificata con il Piano Colombia, lanciato nel 2000, che ha stanziato oltre 10 miliardi di dollari per combattere il narcotraffico e le guerriglie (in particolare le FARC). Gli USA hanno utilizzato droni, tecnologie avanzate e forze speciali per colpire laboratori, piste clandestine e leader dei cartelli.
Tuttavia, questo piano è stato oggetto di forti critiche: la militarizzazione del conflitto ha portato a violazioni dei diritti umani, danni ambientali dovuti alle fumigazioni aeree delle coltivazioni e un impatto limitato sulla riduzione della produzione di droga. Inoltre, molti paramilitari coinvolti nel narcotraffico sono stati protetti o poco perseguiti in nome della lotta contro la guerriglia comunista.
L'Eredità del Narco-Stato
Anche se i grandi cartelli sono stati smantellati, la Colombia continua ad essere uno dei principali produttori mondiali di cocaina. Il narcotraffico resta una delle fonti principali di finanziamento per gruppi armati illegali e organizzazioni criminali transnazionali. La corruzione resta un problema serio, specialmente a livello locale, e molte comunità rurali continuano a dipendere economicamente dalla coltivazione della coca.
Inoltre, l'immagine del narcotrafficante è stata in parte mitizzata dai media e dalle serie TV, rischiando di banalizzare una tragedia nazionale che ha causato oltre 200.000 morti e milioni di sfollati.
